Coltivare la terra sembra essere tornato di moda. Gran parte del merito di questo ritorno alle origini va a una serie di fenomeni che stanno aumentando la consapevolezza nei confronti dei benefici di una vita salutare e a contatto con la natura. Anche e soprattutto in città, dove ormai gli orti urbani sono diventati una realtà consolidata, come dimostra il crescente impegno di associazioni e amministrazioni pubbliche verso una soluzione che più di altre promuove lo sviluppo sostenibile, crea reti economiche solidali e, più nello specifico, si è dimostrata ampiamente capace di favorire la riscoperta dei legami sociali tra le persone. Ma partiamo dall’inizio e vediamo cosa sono di preciso, quando nascono e quali caratteristiche hanno gli orti urbani.

 

Gli orti urbani: cosa sono? Quando e come nascono? Qual è lo stato dell’arte in Italia?

Un orto urbano è uno spazio verde di proprietà comunale e di dimensione variabile la cui gestione è affidata per un periodo di tempo definito ai singoli cittadini, più spesso riuniti in specifiche associazioni.

I beneficiari – tipicamente coltivatori non professionisti – ricevono in concessione questi spazi per uno o più scopi predefiniti, primo fra tutti quello relativo alla produzione di fiori, frutta e ortaggi che serviranno a soddisfare i bisogni degli assegnatari.

Sebbene possa essere dislocato ovunque all’interno del territorio cittadino, molto spesso un orto urbano si trova in aree periferiche, ossia lì dove il Comune è facilitato nel concedere la gestione di piccoli appezzamenti di terreno tramite un bando e dietro il pagamento di un affitto poco più che simbolico. Non solo: spesso, come ad esempio accade a Novara o in altre città d’Italia, il Comune si affida agli orti urbani come strumento concreto per combattere il degrado in specifiche aree periferiche, che proprio grazie a questo tipo di attività possono essere riqualificate in breve tempo.   

I vantaggi della presenza di un orto urbano in città sono diversi: dalla riscoperta del valore della terra, alla collaborazione tra cittadini e agricoltori  per produrre frutta e verdura fresca, l’elenco è lungo. Ma non è tutto: iniziative simili sono di aiuto alle nuove generazioni, in quanto le sensibilizzano rispetto a idee di città più sostenibili e “green”, ma anche agli adulti o agli anziani che attraverso gli orti urbani hanno la possibilità di fare attività fisica all’aria aperta e produrre alimenti nutrienti senza l’uso di sostanze chimiche e pesticidi.

 Spesso si pensa che l’orto urbano sia un’invenzione contemporanea, quando invece la sua presenza in città ha radici piuttosto lontane. Infatti, se prima dell’era industriale era piuttosto comune ospitare orti coltivati all’interno delle aree cittadini, anche come forma di tutela del patrimonio verde, è stato con la crescita degli agglomerati cittadini e la migrazione di massa dalla campagna alla città che l’equilibrio si è rotto. La superficie cittadina adibita a campi coltivati è calata drasticamente, per cui sin da subito si è reso necessario trovare un nuovo equilibrio. Fu così che nacquero i primi progetti di orti urbani.    

Le origini degli orti urbani

I primi orti urbani nascono nel corso del XIX secolo. Verso la metà dell’’800, infatti, nascono i primi Kleingarten tedeschi, spazi riservati esclusivamente ai bambini. Ma è verso la fine dello stesso secolo che l’idea inizia stabilmente a diffondersi attraverso i Jardin Ovrieurs. Nati dall’attività del Monsignor Jules Lemire, politico e uomo di grande cultura, questi giardini operai avevano un duplice obiettivo: coltivare l’orto come possibile fonte di risorse economiche e alimentari, ma di considerarlo anche come forma di sviluppo e di arricchimento del rapporto famigliare. Infatti, il motto dei Jardin Ovrieurs era: “Il giardino è il mezzo, la famiglia è lo scopo”.

 

Gli orti urbani in Italia

In Italia gli orti urbani nacquero nel bel mezzo della Seconda Guerra Mondiale quando fu lanciata una campagna per gli Orticelli di Guerra: tutto il verde pubblico, in buona sostanza, venne messo a disposizione della popolazione per coltivare verdure e legumi, con l’obiettivo finale di non lasciare incolto neppure un lembo di terra.

Conclusosi quel periodo storico, non seguirono altre esperienze analoghe nel nostro Paese, almeno fino ai nostri giorni, quando associazioni e gruppi di cittadini hanno iniziato a pensare agli orti urbani come mezzo per rilanciare l’agricoltura biologica e promuovere un nuovo tipo di socialità.  

Arriviamo quindi ai tempi più recenti. Se nel 2011 era possibile assistere e partecipare a simili iniziative solo nelle grandi città o in piccoli e sperimentali spazi, già nel 2013 una ricerca della Coldiretti segnalava che la quantità di territorio dedicato agli orti urbani aveva raggiunto il record di 3,3 milioni di metri quadri di terreno triplicando il risultato dei due anni precedenti (1,1 milioni di metri quadri).

La crescita degli orti urbani sta raggiungendo dimensioni record. Come conferma un’altra ricerca di Coldiretti, nei principali capoluoghi d’Italia si è assistito a una crescita del 36,4% in soli 5 anni. Tra piccoli appezzamenti e spazi riservati alla coltivazione famigliare, i dati Istat del 2017 ci dicono che il fenomeno “urban farmers” in Italia è guidato dall’Emilia Romagna, con i suoi 704 mila metri quadrati di orti urbani, seguita dalla Lombardia (193 mila metri quadrati) e dalla Toscana (170 mila). Chiudono il quintetto il Piemonte e il Veneto, che registrano rispettivamente 144 mila metri quadrati e 106 mila metri quadrati. Nel Centro e al Sud il fenomeno è più contenuto, ma non per questo meno importante: il plauso va alle Marche (104 mila metri quadrati), ma anche alla Campania (116 mila metri quadrati).    

Ma perché le persone che vivono in città amano così tanto coltivare la terra? Presto detto: secondo le prime analisi, il 25,6% degli intervistati dice di essere mosso dalla voglia di mangiare prodotti sani e genuini, il 10% per passione e il 5% per risparmiare sulla spesa di casa.

 

Gli orti urbani fanno bene all’economia e alla società

Tutela della biodiversità agricola, riduzione della produzione di rifiuti. Ma anche la voglia di fare qualcosa per i problemi climatici, di combattere l’esclusione sociale e la solitudine tipica degli agglomerati urbani, o di spendere meno grazie a una filiera agroalimentare corta. Sono tutti benefici derivanti dalla presenza degli orti urbani in città.

Il riconoscimento ufficiale è arrivato da SustUrbanFoods, progetto a cui partecipa l’Alma Mater di Bologna e finanziato dall’Unione europea, finalizzato a quantificare l’impatto economico e sociale degli orti urbani e dei nuovi spazi pubblici adibiti all’agricoltura sostenibile in tutta Europa.

Gli orti urbani aiutano l’ambiente e fanno bene allo sviluppo economico e sociale del territorio. Promuovono la biodiversità e ci fanno bene, perché portano sulla nostra tavola frutta biologica e senza pesticidi. Per dare l’idea dell’efficienza di un orto urbano, ricordiamo che bastano circa 10-20 metri quadrati di terreno per produrre sufficiente verdura per una persona per un anno intero.

Inoltre, gli orti urbani fanno bene alla regolazione del microclima locale, per il quale l’aumento delle aree verdi è un toccasana. Non solo: gli orti urbani sono uno strumento potentissimo per l’inclusione sociale e la crescita di nuovi gruppi di persone attive, accomunate dal desiderio di vivere sani, in un ambiente accogliente e a stretto contatto con la natura.

 

In aumento i bandi comunali per l’assegnazione degli orti urbani

Come abbiamo detto, l’interesse di Comuni e amministrazioni locali per gli orti urbani è in aumento. Lo dimostrano i numerosi bandi pubblicati per sostenere questo tipo di iniziativa. Reggio Emilia, per esempio, ha appena fatto sapere che sta partendo la formazione di graduatorie per l’assegnazione dei terreni comunali da adibire a orto urbano. E anche Torino si sta attrezzando, con un piano per realizzare orti e frutteti sociali da assegnare in seguito a cittadini, associazioni e volontari che saranno chiamati a curare questi spazi pubblici e a mantenerli produttivi. In Versilia è in dirittura d’arrivo un piano per realizzare 28 nuovi orti urbani, di cui 16 orti terapeutici, ossia dedicati alla coltivazione di frutta biologica e verdura come attività in grado di aiutare persone in difficoltà.  

Queste sono solo alcune delle iniziative più recenti di sostegno agli orti urbani, anche come strategia per favorire la nascita di una cittadinanza più attiva e consapevole.  

Ci piace credere che il successo e la diffusione degli orti urbani in Italia aumenti ancora. In ballo c’è la possibilità di creare un futuro a misura d’uomo in cui qualità del cibo, attenzione per l’ambiente la fanno da padroni. Sono valori in cui crediamo fortemente, altrimenti non avremmo mai immaginato un progetto che aiuta le persone ad adottare un albero e a ricevere in cambio frutta biologica fresca e nutriente a un prezzo equo. La speranza è che ora gli orti urbani prendano sempre più piede, così come la consapevolezza nei confronti di un futuro sostenibile.