“Bio” è l’abbreviazione di “Biologico” ed è un termine che ormai incontriamo spesso nel nostro linguaggio comune, ma che non sempre viene utilizzato in maniera corretta. I nostri agricoltori sono “bio” e per questo motivo ci tenevamo a dedicare la dovuta attenzione a questa “etichetta”.

Perché un prodotto Biologico certificato si differenzia da uno prodotto con modalità convenzionali e come?

Qualsiasi prodotto Biologico è caratterizzato da processi di produzione molto diversi da quelli che caratterizzano l’agricoltura convenzionale. Tra le principali differenze vale la pena menzionare:

  • Assenza di sostanze chimiche di sintesi, quali concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi in genere, e di organismi geneticamente modificati (OGM).
  • Utilizzo di fertilizzanti naturali come letame e altre sostanze organiche compostate. Viene usato anche il “sovescio”, una tecnica che consiste nel sotterrare dopo la raccolta piante che arricchiscono il terreno, come trifoglio, senape, favino.
  • Utilizzo di sostanze naturali vegetali, animali o minerali, per difendere le colture in caso di necessità. Estratti di piante, insetti predatori di parassiti, farina di roccia o minerali naturali sono in grado di correggere struttura e caratteristiche chimiche del terreno e combattere le “erbacce”.

Esistono anche alcune tecniche utilizzate dall’agricoltura biologica per provvedere alla difesa delle colture in via preventiva:

  • Rotazione delle colture (per cereali e ortaggi): bisogna evitare di coltivare per più stagioni di seguito la stessa pianta sullo stesso terreno. In questo modo, si impedisce ai parassiti di trovare nuovamente ambienti favorevoli in cui proliferare. E inoltre si sfruttano anche le sostanze nutrienti presenti nel terreno in modo meno intensivo e più razionale.
  • Piantumazione di siepi e alberi: oltre a preservare il paesaggio, ospitano i predatori naturali dei parassiti e fungono da barriera fisica ad eventuali inquinamenti esterni.
  • Consociazione: si tratta della coltivazione di piante differenti, l’una sgradita ai parassiti dell’altra.

Cos’è la certificazione biologica? E cosa fare per ottenerla?

Avete presente il marchio “bio” che trovate sulle confezioni dei prodotti e che garantisce l’origine biologica degli stessi? È un’etichetta che possono applicare soltanto le aziende provviste di certificazione biologica, rilasciata in Italia da uno degli organismi di controllo autorizzati dal Ministero delle politiche Agricole Alimentari e Forestali.
Per ottenerla, occorre:

  • inviare a questi organismi di controllo i documenti relativi alla propria attività;
  • notificare alla Regione l’avvio della procedura;
  • attendere la fine del periodo di conversione

Da quel momento è indispensabile, in ogni fase del percorso di produzione, seguire tutte le regole previste dalla normativa, che presentano nel dettaglio le sostanze e le tecniche consentite che abbiamo nominato in precedenza.

Cos’è il “periodo di conversione”?

Dalla data di notifica fino all’ottenimento della certificazione biologica, è possibile utilizzare il marchio “in conversione all’agricoltura biologica”. Questo periodo di transizione di solito ha una durata di 2-3 anni ed è necessario per fare in modo che i terreni, le agricolture e tutti i processi produttivi siano completamente decontaminati da qualsiasi sostanza chimica di sintesi o prodotti OGM.

Bisogna fidarsi solo della certificazione biologica?

Sicuramente esistono agricoltori che coltivano prodotti sani nel rispetto dell’ambiente anche senza possedere la certificazione biologica. Se li conosciamo personalmente, è facile fidarsi di loro. La maggior parte delle volte, però, non possediamo informazioni sulle sostanze o sui metodi da loro utilizzati e dunque la certificazione biologica è l’unico modo per essere certi della natura “bio”.

“Bio” significa ovunque la stessa cosa? Anche all’estero?

Non proprio. L’agricoltura biologica è disciplinata con rigore dai regolamenti CE n.834/07 e 889/08. In Italia la normativa sul “bio” è più rigida rispetto agli altri Paesi europei, soprattutto per quanto riguarda la contaminazione accidentale. Se in Italia un prodotto “bio” viene accidentalmente contaminato da sostanze non ammesse, non è venduto come biologico. In altri Paesi, invece, sì.

Perché un prodotto “bio” è più costoso?

  • I fertilizzanti naturali hanno un costo maggiore rispetto a quelli di sintesi.
  • Il raccolto è di quantità inferiore.
  • Per tenere sotto controllo le piante infestanti si impiegano mezzi meccanici e fisici generalmente molto onerosi.
  • I costi di distribuzione incidono in misura sensibile, anche se le possibilità che scendano sono notevoli considerando che i trend di diffusione del biologico sono in crescita.

Però, se considerassimo i danni causati all’ambiente dall’agricoltura chimica, il costo degli alimenti bio sarebbe decisamente inferiore rispetto a quelli convenzionali.

Sapevi che… l’uso abituale di alimenti “bio”, soprattutto nel bambino in fase di crescita, garantisce una migliore qualità del sangue e una minore quantità di tossine da smaltire?

Ogni volta che consumi un prodotto con l’etichetta “bio”, stai contribuendo attivamente alla salute dell’uomo e dell’ambiente!