Come ormai avrete notato, nei nostri articoli, cerchiamo sempre di condividere la nostra conoscenza sul cibo con i membri della nostra comunità e la scorsa settimana leggendo un articolo pubblicato dall’autorevole “Guardian” abbiam subito pensato che quegli spunti andassero condivisi con tutta la comunità.

L’articolo in questione ha come autori un Professor di psicologia (Charles Spence) ed uno Chef (Jozef Youssef) e ha come tematica principale un trend che sempre di più sta incuriosendo la comunità scientifica mondiale, la gastrophysics ovvero parola nata dalla combinazione tra la gastronomia e la psicofisica.

Partendo dall’assunto di quanto sia difficile rispettare una dieta o comunque uno stile di vita caratterizzato da un regime alimentare sano, i due autori cercano di fornire degli spunti di riflessione su come provare a diminuire l’apporto calorico al nostro corpo senza troppa sofferenza.
Secondo le loro ricerche, infatti, ci sarebbero alcuni piccoli ed “easy” cambiamenti che potremmo apportare nel nostro approccio al cibo per migliorare intensamente il nostro regime alimentare. Qui in basso proviamo a spiegarvi brevemente cosa i due ci propongono.

 

“Ingannare il nostro cervello”

La prima riflessione è così banale e facile da implementare che sebbene qualcuno ci abbia già pensato, siamo certi che la maggioranza di noi non hai mai pensato di applicarla concretamente. Ricerche mostrano che usando piatti e vasellame più piccoli possiamo ingannare il nostro cervello facendogli credere di mangiare quantità attraverso il senso di volume e profondità che i piatti avranno. Se noi serviamo due porzioni identiche in due piatti di dimensioni diverse, piccolo e grande, la porzione nel piatto grande apparirà più piccola e viceversa. Il concetto è ben spiegato dall’immagine in basso ritraente l’illusione ottica nota nella scienza come l’illusione ottica di Delboeuf. Addirittura ultime ricerche mostrano che anche il peso delle posate ci darà un senso di apprezzamento diverso del cibo. Più queste saranno pesanti maggiore sarà il nostro senso di sazietà. Prima regola dunque: serviamo i nostri cibi in piccoli e pesanti piatti fondi ( o ciotole) e mangiamoli con posate pesanti!

 

L’ illusione di Delboeuf

 

Rendiamo il cibo più “difficile” da mangiare

Può sembrare addirittura ridicolo, ma ricerche mostrano che se siamo obbligati a mangiare cibi con la mano non dominante, ne consumiamo generalmente di meno.

Ovviamente ciò, non vuol dire la nostra esperienza sarà più piacevole.

Proviamo invece ad utilizzare altri metodi più creativi di interazione con il cibo. Che ne dite di mangiar zuppe con un cucchiaio giapponese o le bacchette per altri cibi?!. Obiettivo quindi smetterla di semplicemente rimpinzare la nostra bocca di cibo; la chiave è cenare con coscienza e consapevolezza.

 

 

Basta cene con le TV

E’ ormai chiaro dopo le due prime riflessioni che anche il cervello gioca un ruolo rilevante su quanto sano e quanto mangiamo. Ricerche mostrano che consumiamo più cibo – del 30% in media – quando siamo coinvolti in altre attività come ad esempio guardare la TV. Alcune distrazioni come quest’ultima, messaggiare o controllare i social sono ormai abitudini comuni durante le pause cibo, con la conseguenza di un mancato focus su quello che stiamo facendo.

Ciò comporterà, apprezzar di meno il cibo e dunque avere inevitabilmente un minor senso di sazietà. Quindi: spegniamo la tv, mettiamo lo smartphone in carica e accomodiamoci in sala di pranzo con un unico focus, il nostro piatto!

 

 

Mangiamo con gli altri sensi

L’obiettivo è sempre lo stesso provare a mangiare con consapevolezza. Usare gli altri sensi come olfatto e vista può infatti esserci d’aiuto a raggiungere questo scopo. A casa, far ciò, può esser semplice, basta prendersi un momento per annusare il nostro piatto prima di mangiarlo per apprezzarne veramente l’aroma (molte ricerche asseriscono che il 90% di quello che percepiamo come sapore deriva dagli odori).

Un’altra riflessione su quest’aspetto è la consistenza del cibo. Ad esempio è interessante l’aspetto che i due autori fanno notare relativamente ad una mela: ingeriamo meno calorie mangiando una mela piuttosto che una purea di mela, ed ingeriamo meno calorie con una purea di mela piuttosto che con un succo di mela. Questo perché riceviamo maggiori informazioni sensoriali dalla purea piuttosto che dal succo, e dalla mela in pezzi piuttosto che dalla purea. In poche parole il nostro cervello usa il numero di sensazioni recepite dalla consistenza come un segnale per dirci quando smettere di mangiare.

 

 

E voi? Avete mai provato ad applicare questi trucchetti? Né avete altri simili ma di altro tipo?

Comunicateceli e provvederemo noi a condividerli con tutta la comunità di Biorfarmers!

 

Fonte: The Guardian